#05 LA LEGGENDA DEL NOME DI MOLA

Come in ogni città e paese del mondo, svariate sono le leggende e le notizie che si rincorrono tra le vie circa le origini del borgo e delle sue tradizioni. In questa occasione mi piace riportare una leggenda tratta dal maestro Mario Ventura, storico, politico, ma prima di tutto uomo molese.
Vivevano in una piccola e bella isola dell’antica Grecia due giovani innamorati Demofonte di 18 anni e Fillide di 16 anni. Erano felici perché gli dei avevano concesso loro ogni virtù e ogni bene: forza e coraggio a lui, bellezza e dolcezza a lei. Si amavano teneramente ed erano prossimi a sposarsi ma, sul più bello dei preparativi per il matrimonio, scoppiò improvvisamente la guerra di Troia. Tutti i giovani guerrieri Greci furono chiamati alle armi dai loro re (ogni città e ogni isola aveva un re). Anche Demofonte dovette partire e, come avviene sempre quando scoppia una guerra, anche allora si disse che si trattava di una guerra breve, che poteva durare al massimo 7-8 mesi, il tempo necessario per permettere all’esercito greco di assediare Troia e convincere Paride a restituire Elena a Menelao suo legittimo marito. Con questa convinzione e con la promessa di tornare presto, Demofonte lasciò Fillide e partì con il suo re alla volta di Troia. Ma, anche quella guerra pronosticata di breve durata, si protrasse per molti e molti anni (10  ci dice Omero). Passati i primi 4 anni, Fillide, non vedendo tornare il suo sposo lo credette morto in battaglia e pregò gli Dei di far morire anche lei. Era così disperata che non sopportando tanto dolore decise di uccidersi. Allora gli dei che tutto sanno e tutto possono, mossi da compassione per l’infelice fanciulla, la trasformarono in un albero di mandorlo sempre fiorito. Demofonte, che non era morto, alla fine della guerra di Troia tornò alla sua Isola e, come prima cosa, andò in cerca della sua Fillide. Quando seppe che era stata trasformata in mandorlo, andò alla ricerca di quell’albero e, trovato, abbraccio’ il tronco e cominciò a piangere e pianse e pianse per molti giorni e molte notti, tanto che alla fine morì di dolore. Gli dei ebbero pietà del povero giovine innamorato e trasformarono anche lui in un albero di mandorlo. Intanto il mandorlo Fillide alle copiose lacrime di Demofonte divenne molle, divenne un albero di mandorlo molle che produceva la mandorla mollese. Voi mi direte: che cosa centra questa leggenda con il nome di Mola? Seguitemi.
Una volta, quando il paese di Mola non c’era, vennero da queste parti i Greci e introdussero la coltivazione della mandorla mollese tutto il territorio divenne e fu per molto tempo un fiorente mandorleto tanto da essere indicato da coloro che venivano a colonizzarlo “la terra della mandorla mollese”. In seguito lo chiamarono semplicemente “la terra di molla”, o solo “molla”. Quando sorse il paese fu chiamato “Molla” che poi divenne “Mola” È solo una leggenda, ed è anche bella e, chissà, forse un giorno potrebbe essere ritenuta etimologicamente attendibile”.
Dai racconti “Mola nostra” del Maestro Mario Ventura

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